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Recent Critic

Marilena Chiti

Giornalista

Nazione March 2014

 

 

Erica Romano

storica dell'Arte

Aprile 2014

 

Giovanni Sanesi (Prato, 24 maggio 1992), parla agli occhi ad occhi chiusi. Aprire le mani alla scoperta dell’altro significa soprattutto toccare: esercitare un contatto dinamico tra vicinanza e lontananza che permette di attraversare e percorrere un corpo, fino a conoscerlo senza vederlo. Nel trasportare in immagine, l’artista si incanta nel tracciare il profilo di un volto di cui vorrebbe raccontare l'intimità percepita e il più profondo sentire, che si palesano, per chi sa leggerla, attraverso la geografia della pelle. Giovanni riesce a descrivere con un’attenzione puntuale la realtà delle forme, che però subito si contraddicono nelle proporzioni e in un colore davvero surreale, che è in questo caso richiamo esatto degli stati d'animo. In La vista, sembra che “toccare l’altro” possa aiutare a conoscere parti di noi stessi, alle quali è possibile aprirsi, così come in Non ti vedo, allo stesso tempo, pare negare questa possibilità. Come il buio è attesa della luce, così quel che non vogliamo vedere cela, invece, un desiderio arcano di svelamento, trasformandosi in un anelito vitale, in un fiat di speranza (L’anelito, appunto) che smaschera a poco a poco la paura che ci allontana dal contatto col nostro essere e col nostro esistere, che non è un mistero incantato né incatenato, ma un cammino perpetuo fatto di incontri e di intrecci. Siamo ciò che siamo o chi siamo? Domande che il giovane Sanesi è chiamato a porsi infaticabilmente e che è legittimato a porre, continuamente.

 

Critica  alla sala espositiva di Giovanni Sanesi
 

D.ssa Barbara Santoro May 2014

Palazzo Guinigi

 

Ecco  Giovanni Sanesi, Il più giovane tra gli artisti che espongono. Sanesi impatta con forza, imponendosi a chi accede alla sala con i suoi primi piani trascendentali, tagliati talora sull’orlo, che sembrano gridare pur non gridando davvero. Inquieto assemblage di volti fluorescenti, ingialliti oltre il massimo o cromati da un rosso ultra-video-tecnologico, lo stile di Sanesi offre così al visitatore una vampa costante di narici, di bocche socchiuse, di sguardi persi o impediti, quasi a simboleggiare l’impossibilità della contemplazione normale, della squisita pratica della visione tranquilla o tranquillizzante. Campeggia un manipolo di effigi afflitte, snervate o disturbate, increspate dall’abuso subito da altre mani e da altre dita, forte nel produrre la cruenta emozione che si prova quando sappiamo di individualità cinicamente troncate, di vite impedite con la forza, di parole censurate da un bavaglio.

Franco Riccomini
La nazione 2013
 

 

 

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